lunedì 18 ottobre 2010

Parlo spesso dei miei amici immaginari, come di persone che esistono per davvero. Passo gran parte del mio tempo con una cana sorda a cui, nei miei racconti, ho dato la parola, quando non posso renderle l'udito nemmeno in cambio della mia vita. Dico di ballare con Shiva e camminare con Siddahrta ma non sto perdendo la testa o il contatto col mondo reale. So bene che mia madre non vola su una nuvola rosa con cui fa gare di velocità con lo scimmiotto Goko e il sole non ha gli occhi azzurri di mio padre, dio non è un teletubby e Eleonera si chiama Eleonora. Certo, vorrei davvero essere il vicino di Totoro ma adoro Luz, Samuel, Barbara, Giacomo, tutti i Mancini compreso er bonanima de Barcarolo e la sora Gina, la sora Antonia e la sua splendida, disastrata famiglia, Roberta e Pampero e Nacho, la più bella coppia di gatti gay che abbia mai conosciuto. A volte riesco a non invischiarli in strane storie ambientate in dimensioni parallele, ma questo non succede troppo spesso, lo ammetto.
La questione è che non mi va quasi mai di raccontare i miei problemi quotidiani, umani, comportamentali o sentimentali, di lavoro o creativi, in termini prettamente realistici. Quando lo faccio mi sembra di scrivere con la sinistra. Ci riesco ma è difficile, la scrittura che ne risulta non mi sembra la stessa, non mi piace, è uno sforzo senza senso. Come scrivere con un numero di caratteri stabilito. Se devo farlo (perché poi) lo faccio ma non me ne frega niente. Il mio cellulare è impostato su un set di messaggi dal numero infinito. Posso inviare "ok" o tutto l'Ulisse di Joyce. Se chi lo riceve non vuole leggerlo certo non mi offende, ci mancherebbe altro, lo capisco.
E capisco anche chi scrive elogiandosi, chi si massacra e chi porta avanti tesi che non condivido, chi si sfonda di citazioni e quello che scrive "se sarei io il presidente". Certo da poco, molto poco. Una mia amica (più di un'amica, in verità) è riuscita a farmi capire l'importanza della comprensione non autoreferenziale, e forse proprio questo è il senso di questa tirata, il mio bisogno di dare spiegazioni per non essere frainteso. Già.
Tranquilli, sto bene. Porto avanti la mia scelta, quella di vivere senza certezze (anche se ormai il confine tra scelta e obbligo esiste solo nell'aldilà), quindi non mi lamento.

Claudio

A pensarci bene, il post è fondamentalmente t.w.i.m.c. di conseguenza potrebbe non interessare a nessuno. E ammetto che possa risultare piuttosto autoreferenziale, per cui in piena contraddizione con quanto affermato qualche riga sopra.
L'ho fatto notare a Ganesha mentre me lo rileggeva. Si era gentilmente offerto di scrivere sotto dettatura perché a causa di una congiuntivite karmica al terzo occhio, non potevo farlo.
"Tranquillo Cla', sistemerò io il testo quando farò la supervisione, non ti preoccupare."
Ma non lo ha corretto. Pazienza.

2 commenti:

  1. A questo punto spero che Ganesha si tenga la congiuntivite a lungo, se deve venire a correggere qualcosa che non ha bisogno di correzioni.
    Ho sempre odiato le maestre che vogliono farti scrivere con la destra, pure se sei palesemente e ostinatamente mancino.
    E sì che la Gelmini pensava di risolvere tutti i problemi col maestro unico... povera illusa!
    Beati i puri di cuore e di scrittura, anche se dislessici.
    Bacio in fronte alla cana.

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  2. t.w.i.m.c.: non lo conoscevo (ora sì)
    un abbraccio, Claudio, e scusa la mia totale assenza da tutto
    paolo

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