domenica 22 marzo 2009

Chi cita sé stesso è a fine corsa e io forse lo sono. Ma per un altro motivo. Ho riletto cosa scrivevo tanti, ma tanti anni fa e vi ho ritrovato lo stesso Claudio.

"Dio cane, dio cane, come Bandini aspetto la primavera che mi sciolga. Ma questo gonfiore nel cuore è un germoglio o un tumore che mi ammazza?"

Quanto tempo è passato e quanti sbagli, il tumore m'ha portato via persone care e quel gonfiore s'è rivelato uno stupido ematoma dopo l'ennesima mazzata. Povero cuore.
Sono ancora qui, nel mio mondo devastato,

"il mondo degli uomini in cerca di felicità. Non chiedetelo a un bambino, interrogarsi sulla gioia è un problema da adulti, dice la mia Figlia Dell'Inverno. E a ragione, ha ragione, la ragione sfugge, non chiedermi che fine ha fatto il mio proposito di scrivere, non ho più scritto, ho letto troppo per riuscirci, ho ascoltato troppe storie, ho troppi ricordi e uno e ognuno è un macigno che schiaccia le mie vene, il sangue non scorre, sono immobilizzato con questa appendice paonazza tra le mani, le palle strette sotto il viola. Il Viola, la voce cristiana, il ragazzo cristiano, Gesù impalato sul membro del Padre, in nome suo, di se stesso e dello Spirito d'ogni Santo che l'ha voluto. Prendetemi, questa è carne del mio corpo, possedetemi perché tutto è il proprio contrario, altrimenti esisterebbe una realtà assoluta ma io piango, dopo trentanove sono svenuto, ho perso coscienza, la coscienza del divino in me, venuta meno, temuta meno della morte, temuto dolore, arrivato, provato, mi hai sopraffatto e prosciugato. In te mi sono annullata* e e ridotta a ecce homo, straccio imbevuto di aceto e non mi basto e non mi riprendo. Sola rimango dentro me stesso*, piegata e nascosta, in attesa di altro dolore.
Come fai a sopportarmi, non senti quanto bruciano gli occhi che tanto hanno pianto, le lacrime che hanno arato le guance, le labbra screpolate dalla bava cacciata e seccata dalle grida, quanto arde la gola che non emette più suono. Chi sono, amore, e perché mi vuoi ancora, non mi ami più, non mi godi più, non mi desideri più, soltanto il peggio per noi è rimasto, nemmeno la nostra apocalisse è personale, il segnale si perde nel rumore e l'ardore è una flebo vuota attaccata al braccio di un moribondo. Il cuore mi scoppia, avevo scommesso la mia vita sulla tua, mi hai perso ma io non ho vinto. Non è un conflitto, il corpo non è il campo di battaglia, non c'è tregua se non c'è guerra ma non c'è pace per chi aspetta. Se solo volessi, dio, se solo volessi... perché non ti lasci andare, perché, perché non riesco a farti capire quanto sono bella, non avrai altra donna all'infuori di me, lo sai, la solitudine è un cane con tre zampe, è sensazione di incompletezza, mancanza di integrità.
Non siamo ancora uno col tutto, mi dispiace, ci avevate creduto? Lo avevate sperato? La volgarità domina ancora la nostra vita, per me non è un problema, ci sono cresciuto nella sporcizia, dama bianca mia madre coperta d'ogni vizio, alcool e sesso, vuoti a perdere uomini e bottiglie, piene di piscio, non c'era il bagno ma spazio per me sì, sempre. Anche quando cominciavo a capire.
Mi allontano, chiudo gli occhi, nego i ricordi brutti eppure tutto riappare dinanzi ai miei occhi. La memoria. Quanto male. Morire al noto, Anirvinna, è un proposito nobile ma il tuo cuore non si arrende, non ha paura e spera nel cambiamento, nell'evoluzione mentre Mahacetasa teme di provare nuove pene e nuove perdite. Quanto più grande il cuore, tanto più forte l'impatto. Una goccia quando cade non fa rumore, ma tutte le gocce di sangue fanno un fragore assordante di vite finite. Per sempre. Non sopporto la morte. Da bambino promisi di non morire. Ce la farò? Se mi servirà aiuto potrò chiederlo o da solo dovrò affrontare la maestra che mi dice che la ricreazione è finita? Scapperò o dovrò per forza affrontarla? E se fuggissi per sempre? Vivrei in eterno o in eterna attesa? Il tuo respiro di notte si fa pesante, adoravo averti accanto e adesso averti dentro è così straziante che mi sembra di sentire i granelli di sabbia divenire il mio passato. Forse non tutto è perso, soprattutto perché nulla ci appartiene. Solo vanità. E cattolicesimo becero.
*Annullata e *Sola rimango dentro me stesso."

Credo di aver scritto queste cose tra il '99 e il 2000. Poco è cambiato. Oggi però non piango una donna perduta ma per un equilibrio mai avuto.
Dedico la mia vita a tutti i miei amici, quei poveri disgraziati che malgrado tutto mi sono rimasti accanto. Non sapete quanto vi amo, credetemi, non lo immaginate neppure.
Tutto il mio amore.

Claudino

2 commenti:

  1. Non lo so e se m'azzardo è solo per affetto, ma a me non sembra che nulla sia cambiato. A parte il fatto e a parte le lacrime, non credo che oggi diresti le stesse cose, non tutte almeno. In queste parole 'antiche' si sente un dolore 'confuso' che non corrisponde a quello di oggi.

    O forse non ne so abbastanza, per distanza materiale, eppure oggi ti percepisco lucidamente consapevole del tuo dolore.

    Sono lontana in questi giorni, lo so, ma proprio non riesco a fare di più di quello che faccio, non ne ho l'energia fisica, ma andrà meglio ne sono certa e tu sei nei miei primi pensieri.
    Ti voglio bene.

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  2. Ma sì, ma sì, sono solo molto triste.
    Grazie, Viktriolo.

    Claudio

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