martedì 25 maggio 2010

La pioggia sul viso mi sveglia.
Accendo la luce, il letto è un lago. Alzo gli occhi al soffitto e mi rendo conto che l'acqua non filtra dal tetto ma vi passa attraverso come se non esistesse.
Vado in cucina dove Norma, in piedi e bagnata, mi fissa con aria interronegativa.
Anche qui la pioggia imperversa, inzuppandoci come fossimo all'aperto. Ma la terra non la ferma, continua il suo viaggio lasciandoci fradici e increduli.
In giardino, la mia vicina Roberta mi fissa tremante. In casa sua, le mura, il tavolo e le sedie, il lavabo, nulla arresta la corsa delle gocce, un monsone che ci lascia esterrefatti e grondanti senza nemmeno accorgersi di noi.
La Passiflora, insieme alle altre piante, innalza felice il suo ringraziamento al cielo, alle nuvole e ai loro reggenti, nel più bel coro muto mai composto da Verdi.
In strada, il silenzio regna tra le decine di persone che si guardano negli occhi senza proferire parola. Gli anziani scuotono la testa, la Rina prega con un filo di voce accanto all'uomo con cui ha condiviso vita e vite, Luz piange e ride manco avesse capito tutto, non riesco a chiederle nulla.
"Diluvio onniversale. Piove tre minuti in tutte dimensioni."
La voce dell'Imbertaureo. E' la prima volta che la sento ma il suo linguaggio non lascia spazio al dubbio.
Mi volto piano, dietro di me solo il sor Vittorio che mi mette una mano sulla spalla.
"E' finita, albeggia. Torna dentro e asciuga Norma. Passando per il vialetto mi è sembrato di sentire squillare il telefono. Forse era tua sorella, richiamala e tranquillizzala."
"Grazie Vittorio. Cosa dici...?"
"Per fortuna non erano rane. Buonanotte."
L'ultima chiamata ricevuta è di Raffaella, ha lasciato un messaggio.
Non lo ascolto, la chiamo. Mentre attendo che risponda, guardo fuori dalla finestra. Non c'è un centimetro di terra asciutta. Sento la sua voce. Mi sciolgo. Sono acqua nell'acqua, sangue della terra, passione di vita, il mio cuore batte nel suo petto.
"Claudio."
I nomi sono àncore per i marinai d'acquavite. Non riesco a parlare ma mi sente. Ho ancora il diluvio dentro, tracimo. Tra la sicurezza e il seguito solo un accento. Un segno ci isola e ci unisce. E' la maniglia che apre la porta che divide i significati, ma non ne abbiamo la chiave.
Chi ne aveva millantato la proprietà ora giace sul letto senza vita né frigobar, gonfio e beato Bacco, schiantato dalla pioggia analcolica.
Prima ero pieno di me, ora mi manco.
Ma sto bene, e non da solo.
Ha smesso di piovere, ho messo a cuccia sotto il chiosco la mia nuvola nera (Black Cloudia), ho salutato i miei amici immaginari che per un pò avranno il loro daffare dall'altra parte e ho fatto quattro chiacchiere con Shiva. Non ha danzato per me, abbiamo a lungo camminato e giunti al momento di salutarci, mi ha baciato sulla bocca. Poi ha sorriso. Ho portato le dita alle mie labbra, bagnate.

Claudiocane


Scrivo così perché so scrivere solo in questo modo, le mie storie non sono la proiezione di quel che vivo, non sono sogni. Anche se posso ovviamente scegliere di farle diventare tali. Nel reale a molti livelli vivo di finzioni, a volte sciocche e adolescenziali, altre melodrammatiche e ridicole, sempre e comunque false e pericolose. Sono sotto assedio dell'ego che mina le mie basi, eppure adoro i miei piedi d'argilla. Sono una palafitta in un mare di lava, anche la Fenice ride di me. Sono finto.
Ciononostante c'è differenza tra inventare per sembrare altro e inventare per evocare.
I miei racconti, anche i più tristi o quelli incasinati e senza senso, per me sono un tentativo di mostrare la meraviglia dell'immaginario, da quello Topoliniano alle visioni dell'Abarat, dallo stupore alcolico di Bukowsky al surrealismo lucido e caustico di Glauco. Da Little Nemo a Shaun Tan. Non è importante che letterariamente non valgano nulla, non sono "fogli pieni di canzoni da mettere sotto i piedi per sembrare più alti" come diceva Dalla, sono solo quello che vuole uscire e che anch'io voglio vedere fuori.
Ho ripreso il computer dopo quasi tre settimane, mi è partito l'harddisc. Centinaia di ore di musica sparite, alcune cose non so se riuscirò a ritrovarle. Capita. Ci sto male ma non poter ascoltare un brano perduto è nulla rispetto al non sentire più la voce di una persona scomparsa.
Ho letto molto in questi giorni. Che cosa straordinaria leggere, vedere le parole trasformarsi in immagini, uomini in eroi, zucche in carrozze e il respiro in amore. Non sarò mai uno scrittore.
Non sarò mai uno scrittore, un batterista o un musicista, un artista. Sono un uomo qualunque che per anni e anni si è atteggiato ad esser migliore degli altri perché la sua viltà non gli permetteva di affrontare i problemi veri, quelli che danno l'ansia perché se non li risolvi ti schiacciano e non ti fanno vivere. Meglio preoccuparsi di portare la luce sulle tele o incantare la gente intortandola con parole ad effetto "che a 'na certa nun fanno più effetto" (G.d.B.).
Ecco, s'è fatta 'na certa. Alzo le chiappe e pedalo, alé, ciao.
Ma continuerò, anche se molto meno, a scrivere così. Perché mi piace. Perché mi fa stare bene.
E perché no, mica so' guarito.

Claudio

4 commenti:

  1. Provo come anonimo e vediamo se riesco.
    Torno a leggere dopo tanto tempo, non certo tempo perso, ma impiegato a cercare di star bene e nel tragitto me ne sono capitate di cose... Pensavo: appena ho un attimo le butto giù, sul blog, ma alla fine le ho buttate e basta.
    Ritorno, rileggo, ripenso, riscrivo. Sono convinta che nulla va perduto, soprattutto le sensazioni e i pensieri, bisogna solo avere la costanza di cercarli quando abbiamo l'impressione di averli smarriti. A presto Clà.
    VicKy

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  2. ci sei riuscito :) ma come vedi non compare l'avatar, perchè continua a non riconoscermi... ma sono così cambiata?!! :)
    VicKy

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  3. Forse iersera hai mangiato talmente tanta pizza che oggi sei così raggiante da non riconoscerti.
    Bentornata, Vicky. A me invece ha cominciato a snobbarmi Sgravatar, chissà perché...
    Ah no, ho visto l'anteprima del commento, mò da San Claudiano je piacio deppiù!

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